giovedì 29 settembre 2016

Mosto e mostarda


E’ tempo di vendemmia, è tempo di mostarda. 
La mostarda di uva, diversa dalla celebre mostarda preparata al nord Italia con frutta, zucchero e senape (la più famosa è la cremonese), è una preparazione a base di mosto con l’aggiunta di frutta secca, presente su tutte (o quasi)  le tavole in questo periodo. 
Qualche giorno fa parlavo con un’amica siciliana che mi raccontava della loro “mustata”, addolcita con la cenere (a bagno, in un sacchettino di lino, per l’intera notte) e arricchita da mandorle, poco cacao e cannella. Ieri, un’altra amica, all’uscita della Messa vespertina, mi parlava della sua, “Ci metto le noci, le mandorle, le nocciole, il cedro candito e piace a tutti.” Ci credo, lei è una vera regina dei fornelli!  
Io la preparo solo con le noci  per il semplice motivo che fin da piccola la mangio così, quindi per me la mostarda è questa.

INGREDIENTI

2 l di mosto (da ridurre a 1 l)
90 gr di amido di mais
Noci (andate a sentimento)

PROCEDIMENTO
  1. Versate il mosto appena pigiato (questa caratteristica è fondamentale perché non deve essere in fermento) in una pentola. A fuoco dolce portate a ebollizione e fate ridurre della metà . Se è il caso, filtratelo.
  2. Con una frusta mescolate l’amido con circa 100 ml di mosto, evitando che si formino grumi.
  3. Pian piano versate il rimanente mosto sul composto di amido, mescolando con cura.
  4. Ponete sul fuoco e, sempre a fiamma media, fate bollire fin quando la mostarda avrà raggiunto la giusta consistenza.
  5. Fuori dal fuoco aggiungete le noci sminuzzate o la frutta secca che preferite.
  6. Versate la mostarda in un piatto o in formine monoporzione e decorate a vostro piacere.
  7. Lasciate raffreddare in frigo per almeno 4 ore.



PS: Io non aggiungo zucchero perché il mosto ha una sua dolcezza naturale, ma se volete metterlo consideratene 100 gr ogni litro.

lunedì 26 settembre 2016

Pasta fagiolini e patate


Ancora “cibo confortevole” e ancora una ricetta della nostra tradizione contadina. La pasta fagiolini e patate, penso, possa considerarsi  parte del patrimonio culturale del mio paese, è, infatti,  un pilastro della cucina locale.
La stagionalità dei fagiolini vuole che questo piatto, seppur “comfort” e caldo si mangi in estate, ma lo si fa, vi assicuro, con grande piacere e naturalezza. 
Analogamente alla pasta e fagioli o, comunque, ai piatti della tradizione , ognuno pensa di possedere la ricetta giusta, e così c’è chi mette la cipolla, chi il pomodoro fresco e chi la passata, chi le zucchine e chi no… A proposito di zucchine, stamattina parlando con un amico di quello che avrei preparato a pranzo, mi ha detto: “mi raccomando le zucchine”, ed io: “rigorosamente!”. In realtà, credo che le zucchine non siano un ingrediente opzionale ma canonico!

INGREDIENTI (per 4 persone)

500 gr di fagiolini
3 zucchine
3 patate
2 pomodori
320 gr di pasta
Olio evo
Sale
Basilico

PROCEDIMENTO
  1. Lavate e pelate le patate, tagliatele a cubetti e mettetele in una pentola partendo da acqua fredda (gli ortaggi che crescono sottoterra vanno cotti partendo da acqua fredda).
  2. Lavate i fagiolini e spuntateli dalle estremità, lavate e tagliate le zucchine ed, infine, spellate e private dei semi i pomodori, quindi tagliate a cubetti.
  3. Appena le patate iniziano a sobbollire, aggiungete fagiolini, zucchine e pomodoro. Aggiustate di sale e condite con un filo d’olio.
  4. A fiamma dolce continuate la cottura finchè non risulteranno teneri.
  5. Unite la pasta (io ho usato degli spaghetti spezzati).
  6. A cottura ultimata, condite con olio evo crudo e basilico fresco.

venerdì 23 settembre 2016

La Crema pasticcera del maestro Santin


La ricetta di oggi non ha bisogno di grandi parole, è lei la regina della pasticceria italiana. Base, supporto, compagna in molte preparazioni, la crema pasticcera regna sovrana nella nostra tradizione pasticcera.
Propongo qui la versione del maestro Santin, autorevole protagonista della pasticceria contemporanea.
Prometto di non essere prolissa ma voglio spendere due parole su Maurizio Santin. Figlio “d’arte” - il papà Ezio è stato chef e patron della pluristellata “Antica Osteria Del Ponte”, punto di riferimento non solo per i gourmets e gourmands milanesi ma dell’Italia intera -  vanta nel curriculum collaborazioni con AlainDucasse, Joel Robuchon, Georges Blanc. Le spiccate qualità professionali si uniscono ad una grande disponibilità e generosità, sempre pronto a dispensare consigli, correggere, guidare; anche una sola parola, ma non c’è mai stato un mio messaggio (e non sono pochi!) a non ricevere risposta. Questo modo di fare, concretizza la sua filosofia di “pasticceria democratica”, “[…] se decidi  di essere “social” allora devi darti, devi permettere che ciò che insegni o divulghi sia compreso da tutti e soprattutto devi dare la possibilità che quella ricetta riesca.” Senza dubbio riesce, egregiamente, ogni giorno nel suo intento.
Da qualche mese è al timone della pasticceria dell' Antico Caffè Spinnato di Palermo, e naturalmente è stata una delle  tappe durante il mio ultimo viaggio in Sicilia. Sopportata e supportata dai miei compagni di viaggio, abbiamo trascorso gran parte del  pomeriggio al tavolo della pasticceria, onorando e assaporando i dolci del maestro Santin. Dolci da estasi per un'eccellente esperienza di gusto da non dimenticare.

INGREDIENTI

½ l di latte intero
4 tuorli
125gr. di zucchero semolato
40 gr di farina
Bacca di vaniglia o buccia di limone


PROCEDIMENTO
  1. Scaldare il latte in un pentolino con la buccia di limone (senza portare a bollore).
  2. In una ciotola, mescolare con una frusta i tuorli con lo zucchero, fino a rendere il composto omogeneo.
  3. Unire la farina setacciata.
  4. Unire il latte scaldato al composto, mescolare bene con la frusta e riportare tutto sul fuoco.
  5. Cuocere fino ad un minuto dopo il bollore.
  6. Riempite la vasca del lavello con acqua freddissima.
  7. Mettete dentro il fondo della pentola e continuate a mescolare affinchè la crema raffreddi velocemente.
  8. Una volta raffreddata, versatela in una ciotola, copritela con la pellicola a contatto e trasferitela in frigo.


mercoledì 21 settembre 2016

Pasta e fagioli


Il paese in cui vivo è un paese a vocazione contadina, e molti piatti della nostra tradizione enogastronomica risentono di questa impostazione. 
La pasta e fagioli è uno di questi: ogni famiglia ha la propria ricetta e, il più delle volte, ogni famiglia ha i propri fagioli. Il periodo permette, ancora, di utilizzarli freschi, così si va dalla classica pasta e fagioli, ad una versione più “ricca” con l’aggiunta di patate, zucchine, fagiolini, o ancora ad una specie di zuppa senza pasta ma con la presenza del pane duro. Il clima, poi, più fresco degli altri anni, predispone naturalmente gli animi  (e la pancia!) al comfort food, e la pasta e fagioli rientra a pieno titolo in questa categoria.

INGREDIENTI (per 4 persone)

1 kg di fagioli freschi da sgranare
250 gr di pasta
1 patata
1 cucchiaio di salsa di pomodoro o 2/3  pomodorini freschi
2/3 foglie di basilico
Olio evo
Sale
Pepe nero
Peperoncino fresco (facoltativo)

PROCEDIMENTO

1 . Sgranate i fagioli, metteteli in abbondante acqua non salata insieme alla patata (pelata) a cubetti, e lasciateli sobbollire per circa un’ora o finchè non sono teneri.
2 . In un tegame scaldate 4 cucchiai di olio evo con la salsa di pomodoro e il basilico (se necessario aggiungete qualche cucchiaio di acqua di cottura dei fagioli).
3 . Lasciate sul fuoco, aggiustate di sale e di pepe.
4 . Quando il sugo è pronto, versatelo nella pentola in cui i fagioli stanno ultimando la cottura.

5 . Aggiungete infine la pasta nella stessa pentola, levate dal fuoco quando è ancora al dente (il risultato finale deve essere piuttosto cremoso). A piacere aggiungete qualche fettina di peperoncino fresco. 

sabato 17 settembre 2016

Farfalle, gamberi di nassa e limone


Pochi ma ottimi ingredienti per questo primo, la buona riuscita del piatto sta, certamente,  nell’eccellenza delle materie prime.
Non ho esitato, dal mio pescivendolo di fiducia, di fronte a questi  gamberetti freschissimi (lui li mangiava crudi). Lì per lì non avevo in mente un piatto in particolare, di certo qualcosa di molto semplice che esaltasse il loro sapore (la mia teoria vuole che i prodotti  eccellenti vengano mangiati in purezza).  Devo dire di aver fatto un’ottima scelta.

INGREDIENTI (per 4 persone)

400 gr di pasta
1 kg di gamberi
1 limone non trattato
½ bicchiere di vino bianco
Sale
Olio evo
Pepe nero

PROCEDIMENTO
  1. Mettete a bollire una pentola con l’acqua per la pasta.
  2. Lavate e sgusciate i gamberi.
  3. In una padella mettete l’olio e poi i gamberi. Fate andare per qualche minuto.
  4. Sfumate con il vino bianco per un altro minuto.
  5. Aggiustate di sale e di pepe, e spegnete il fuoco.
  6. Date una prima grattugiata di buccia di limone.
  7. Cuocete la pasta e scolatela piuttosto al dente, in modo da ultimare la cottura dentro il condimento.
  8. Quando risulta ben mantecata, impiattate  e decorate con altra buccia di limone grattugiata al momento.

mercoledì 14 settembre 2016

Rotolini di melenzane con Caciocavallo di Ciminà


Non c’è una storia o un aneddoto legato a questa ricetta, se non che mi piace molto. Il periodo impone che questo ortaggio proliferi nei nostri campi e così lo si mangia in “tutte le salse”, per la mia felicità (un po’ meno per quella di mio marito).
Questi pseudo-involtini si prestano bene come contorno, un secondo leggero o, fatte poco poco più piccoli, come aperitivo.
Unico dettaglio, il ripieno. Ho usato un formaggio locale, di grande pregio e di ottima fattura, il Caciocavallo di Ciminà. Ho scelto una versione semistagionata, con delicati sentori di fiori gialli e nocciola, adatta secondo me al connubio con le melenzane.

INGREDIENTI
4 melenzane
200 gr di Caciocavallo di Ciminà
200 gr di pane grattugiato
100 gr di farina
2 uova
Basilico
Sale
Olio per friggere

PROCEDIMENTO
  1. Affettate le melenzane in fette sottili e ponetele in un recipiente con acqua e sale, per 30 minuti circa.
  2. Quindi, scolate e tamponate le melenzane.
  3. Friggete a malapena le fette di melenzane, non devono essere cotte ma solo ammorbidite.
  4. Adagiatele su un piatto con carta assorbente.
  5. Farcite ogni fetta di melenzana con un quadratino di formaggio e arrotolate.
  6. Passatele nella farina, poi nell’uovo sbattuto ed infine nel pane grattugiato.
  7. Friggete in olio abbondante. Servitele calde.

lunedì 12 settembre 2016

La torta di mele


Amo il mese di Settembre perché ci sono le mele nuove, fresche, profumate… e la torta di mele è il mio dolce preferito.
Questa di oggi è la prima di una lunga serie, nel senso che mi piace scoprire sempre varianti nuove di questa torta, ma in realtà sono attratta da tutti i dolci con le mele: crostate, strudel, crumble, frittelle, muffin.
La versione che propongo in questo post, forse la più classica se vogliamo, l’ho preparata in occasione di un’importante cena di famiglia: non ho avuto dubbi su cosa  fare,  perché nessun dolce come la torta di mele ti fa sentire a casa. Insomma  sa di mamma, di nonna, di cose che scaldano il cuore. Il profumo, poi, scaturito dal mix di ingredienti, riesce a coccolare e far sentire amato chiunque giri nei dintorni (“Delle buone torte di mele sono una parte considerevole della nostra felicità domestica.” Jane Austen)
Personalmente tendo ad abbondare con le mele perché mi piace quell’effetto umido e cremoso, così come mi piace aromatizzare con una spolverata di cannella, trovo fantastico il connubio tra i due ingredienti.
Naturalmente potete adattare la ricetta ai vostri gusti, ridurre la frutta o sostituire la cannella, che non tutti amano.

INGREDIENTI

4 mele Golden
300 gr di farina
3 uova
180 gr di zucchero
80 gr di burro (fuso)
1 bicchiere di latte
1 bustina di lievito
buccia di limone grattugiata
un pizzico di cannella

PROCEDIMENTO
  1. Nella planetaria montate le uova con lo zucchero e la buccia di limone fin quando diventano chiare e spumose.
  2. Sbucciate e affettate le mele, aromatizzandole con un pizzico di cannella (la qualità di mela più indicata per la cottura è la Golden, ma io in questo caso ho usato delle mele biologiche appena raccolte dall’albero).
  3. Fondete il burro a bagnomaria  e ,una volta intiepidito, unite al composto di uova e zucchero.
  4. Aggiungete anche il latte ed infine  la farina setacciata con il lievito, amalgamando il tutto. 
  5. A questo punto, inserite le mele nell’impasto e trasferite il tutto in una teglia imburrata e infarinata, o semplicemente ricoperta da carta forno.
  6. Cuocete in forno, già caldo, a 180° (forno statico) per 40/45 minuti.
  7. Una volta raffreddata, spolverizzate con zucchero a velo.


giovedì 8 settembre 2016

Briosci cu' zuccuru



Amo da sempre i lievitati. Mi piace quel senso di “sfida” che questi impasti implicano, basta veramente poco, in bene e in male, per modificare o compromettere il risultato finale. Poi un giorno (circa otto anni fa) cambiano le cose. Alla ricerca di una torta di mele cremosa,  per caso mi imbatto nel blog di Paoletta  Anice e Cannella, amante e maestra insuperabile in merito ai lievitati…Così, quella che fino a poco tempo prima era solo una sfida, inizia a essere studio, tecnica, ricerca, dispensa con 4/5 tipi di farina diversi, sveglie puntate di notte per togliere impasti dal frigo, bilance di precisione, burro bavarese e impasti divinamente soffici e profumati. La sua passione e la sua grande competenza si accompagnano ad  una significativa e tangibile  disponibilità e umiltà, sempre pronta ad aiutarti a bilanciare impasti, a correggere errori, a migliorare la tecnica, a reperire l’ingrediente perfetto. Insomma, conoscere Paoletta è una grande ricchezza , per chi, come me, ama il profumo del lievito.
Decido di postare le “briosci cu’ zuccuru” come primo lievitato, per una ragione prettamente affettiva: queste dolci e profumate brioche mi ricordano le numerose estati che, da adolescente,  trascorrevo in Sicilia. Tassativamente, le mie colazioni erano fatte da queste treccine soffici e zuccherose, profumate e ,il più delle volte, calde ;)
Riporto, integralmente e fedelmente, la ricetta e il procedimento di Paoletta, non mi sarei mai sognata di modificare una virgola! 
Quanto alle farine, elemento fondamentale per la buona riuscita di un lievitato, non avendo la manitoba Lo Conte, come indica Paoletta, ho usato la Spadoni. Per la 00, invece, ormai da molti anni ho la fortuna di usare quella del Molino Esposito, ottima farina ricavata da eccellente grano, talvolta locale, nel rispetto delle più tradizionali e autentiche tecniche di molitura, e non ha prezzo usare una profumatissima farina appena prodotta e acquistata direttamente al molino... è una sorta di valore aggiunto alla ricetta.

INGREDIENTI

250 gr di farina manitoba  Lo Conte (io ho usato Spadoni)
250 gr di farina 00
75 gr di zucchero
5 gr di sale
75 gr distrutto
20 gr di lievito dibirra
170 ml di acqua
170 ml di latte

PREPARAZIONE

  1. Fare un impasto con gli ingredienti indicati, lo strutto alla fine.
  2. Porre a lievitare per un’ora e mezza in un luogo tiepido, e comunque fino al raddoppio.
  3. Sgonfiare un poco l’impasto, fare le pieghe del secondo tipo e lasciar riposare 15/20 minuti.
  4. Quindi formare i maritozzi a forma di treccine, senza rilavorare eccessivamente l’impasto.
  5. Allinearli  man mano distanziati sulla placca foderata di carta forno, pennellarli con una miscela di latte e acqua e lasciarli lievitare fino al raddoppio. In estate bastano circa  40 minuti, in inverno ci vorrà anche più di un’ora.
  6. Pennellarli di nuovo con la miscela di latte e acqua e cuocere in forno a 180°/190° finchè non saranno belli dorati.
  7. Non appena sfornati si spennellano di nuovo e subito si spolverano con abbondante zucchero semolato.

mercoledì 7 settembre 2016

"Panza e prisenza" e il Gelo di cannella



A parte la cucina, la mia passione è la lettura. Leggo leggo leggo.
Ho deciso di dedicare, qui, uno spazio ai piatti che gusto durante le mie  letture.
Inizio da un dolce  proposto dalla sicilianissima Giuseppina Torregrossa in uno dei suoi romanzi, “Panza e prisenza”: il gelo di cannella.
In realtà, si ha l’imbarazzo della scelta nelle sue pagine. E’ quasi un percorso gourmand, leggere i suoi romanzi. La adoro  proprio per  questa  straordinaria  capacità che ha di far assaporare i piatti citati, sentire i profumi per le vie di Palermo,  ascoltare le abbanniate della Vucciria, ammirare i colori delle spezie e del cielo, vivere il fascino della Kalsa. Accostarsi ad un suo libro è una sorta di esperienza “sinestesiaca”, insieme alla vista, un altro senso è sempre impegnato, il gusto, l’olfatto… Insomma, durante la lettura ci si sente siciliani a tutti gli effetti.
Durante un recente viaggio in Sicilia, ho avuto modo di gustare un piccolo gelo di cannella, divinamente preparato, all’ Antica dolceria Bonajuto di Modica. La città, che diede i natali a Quasimodo, tra le più affascinanti dell’Isola,  merita una visita e senza ombra di dubbio, Bonajuto è una tappa obbligata, non solo per i più golosi come me, ma per chiunque voglia regalare qualche momento di benessere ai propri sensi.
A dire il vero, sempre a Modica, qualche anno prima, avevo fatto un altro incontro felice con uno squisito gelo fatto da  Accursio Craparo (alloggiavo a Palazzo Failla, e vi invito a fare questa esperienza magica tra le camere e la cucina di questo posto. Luogo di grande fascino.)
Il gelo di cannella è un tipico “dopo cena” siciliano, dal profumo e dal sapore tondo e rassicurante, certamente di  gusto particolare, riesce a coccolare anche i più restii e diffidenti, mangi la Sicilia -stop!

INGREDIENTI

500 ml di acqua
10 gr di cannella in stecche
150 gr di zucchero
60 gr di amido di mais
Pistacchi (in polvere o tritati)

PROCEDIMENTO
  1. In un pentolino, versate l’acqua con le stecche di cannella. Portate a bollore, quindi, spegnete  e lasciate in infusione per l’intera notte.
  2. Filtrate l’acqua.
  3. In un altro pentolino, miscelate lo zucchero e l’amido.
  4. Versate a filo l’acqua filtrata e mescolate con una frusta, per evitare che si formino grumi.
  5. Rimette, quindi, sul fuoco dolce e mescolate finchè si addensa.
  6. Versate negli stampini, lasciate raffreddare e mettete in frigo per almeno 6 ore.
  7. Sformate nel piatto e spolverizzate con polvere di pistacchio.

lunedì 5 settembre 2016

Struncatura


La struncatura è una pasta tipica della mia zona, la provincia di Reggio Calabria, ma nello specifico della piana di Gioia Tauro.

Fino a qualche anno fa questo impasto veniva  ottenuto dai residui di farina e crusca della molitura del grano e prodotto  rigorosamente in casa utilizzando, appunto,  le “scopature” di magazzino, cioè raccogliendo da terra i residui misti di farina e crusca durante le operazioni di molitura del grano, e proprio per questo motivo veniva venduta sottobanco in quanto vietata per motivi igienici (qui trovate qualche notizia in più!).
Oggi  regolarmente  prodotta da molti pastifici, si presenta come  una pasta molto callosa, grazie alla miscela di grano duro e farine integrali.
Il condimento classico di queste bavette, scure e rugose, è fatto con olio, acciughe, olive nere -o verdi- e il tutto finito con mollica  tostata (tturrata, come diceva mia nonna).
Veloce da preparare, 10 minuti circa, è un piatto molto gustoso e particolare.
Esiste anche una variante “rossa”, ma  ve la presenterò in un altro momento.

INGREDIENTI (per quattro persone)

400 gr di struncatura
5/6 filetti di alici sott’olio
Olive nere o verdi
Pangrattato
Olio evo
Sale
Peperoncino

PROCEDIMENTO
  1. Tostate la mollica di pane in un pentolino.
  2. In una padella fate soffriggete, a fuoco dolce, le acciughe fin quando  tenderanno a sciogliersi, aggiungete, quindi,  le olive private del nocciolo (io uso quelle conservate in casa) e continuate a cuocere il condimento per qualche  minuto.
  3. Cuocete la pasta in acqua leggermente salata (considerate che il sughetto è piuttosto saporito).
  4. Scolatela e passatela in padella con il condimento.
  5. Aggiungete la mollica di pane precedentemente tostata (orientativamente 5 cucchiai).
PS: Naturalmente (siamo in Calabria!), il peperoncino, fresco o secco, ci sta più che bene. Io non lo uso perché i miei bambini mangiano volentieri questa pasta e, per ovvi motivi, evito di metterlo.